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Writer's pictureLa maestra con gli occhiali rossi

Dal sogno americano al sogno finlandese

Una volta si parlava di “sogno americano”: college immenso, impianti all’avanguardia e sport per tutti, professori alla Keating de “L’attimo fuggente”, in grado di ispirare amore per il sapere e un pensiero critico e divergente. Il sogno è presto diventato una sorta di incubo scolastico, nel momento in cui abbiamo capito che il livello di istruzione pubblica americana è molto basso, gli insegnanti tra i più stressati del mondo, la sicurezza e la facilità di introdurre armi dentro una scuola sono un enorme problema. Non ultimo l’avvento della scuola parentale, su cui dovrei aprire un immenso capitolo a parte (riassumo solo dicendo che i genitori che fanno questa scelta non sono tutti come il padre di “Captain Fantastic”, ecco).


Se mi chiedessero che tipo di scuola vorrei, se la dovessi inventare ora senza il “peso” della storia ed i problemi strutturali e culturali che ci portiamo appresso, senza entrare nella didattica direi che le caratteristiche di partenza logistiche e professionali sarebbero: 


  • classi di non più di 18 alunn*

  • spazi ampi e vivaci, sia all’interno che all’esterno

  • equa suddivisione tra lavori a gruppi di livello e gruppi eterogenei

  • uno staff preparato ed alleggerito dalle burocrazie

  • un diffuso senso di appartenenza e serenità, per studentesse, studenti ed insegnanti


Quasi tutto questo posso dirlo di averlo trovato in Finlandia, Paese che studio e osservo ormai da più di 5 anni, non tanto per “esportare” un modello di insegnamento (il “modello finlandese” non esiste!), quanto per capire come migliorare, nella nostra Italia, con la nostra impagabile e immensa cultura (costantemente mal valorizzata).

Vado ad elencare dunque 6 cose che ho notato nella scuola finlandese, ma non solo (e credo che sia proprio qui la differenza): la scuola rispecchia il sentire della società, una cultura radicata e, è il caso di dirlo, libera. Questa lista può essere ribaltata sulla vita di tutti i giorni e l’ho capito parlando con le persone, esplorando la loro storia, facendomi raccontare cosa ha funzionato e quali errori non commetterebbero di nuovo.


  1. La classe pollaio può capitare dappertutto, ma come la si gestisce fa tutta la differenza

Ovunque me l’aspettavo tranne che in Finlandia, un Paese di 5 milioni di anime, per la metà raggruppate nella capitale Helsinki: la classe pollaio. La Scuola Primaria che ho visitato nella città di Hämeenlinna, una città che conta poco meno di 80.000 abitanti, circa 50.000 se si escludono i dintorni (le municipalità sono piuttosto ampie), aveva almeno due classi con più di 26 bambine e bambini. La gestione però mi ha sorpreso: le “compresenze” sono assegnate a due insegnanti con ore frontali (matematica ed inglese, in questo caso) e dunque, mi raccontava la maestra, hanno la possibilità di dividere la classe in due gruppi più piccoli, portando avanti due materie diverse contemporaneamente. Ho notato osservando l’orario che questo capitava in orari cruciali, nelle ore di mezzo o finali. In questo modo almeno quattro volte a settimana c’è la possibilità di lavorare a gruppi di livello, mantenendo il monte ore di ogni materia.


  1. Dentro scuola accogliente, fuori scuola libera

In Finlandia non ci sono recinzioni, da nessuna parte. I giardini delle persone sono delimitati “più o meno fino a lì” e tutti possono passare nella proprietà di qualcun altro, a patto di non disturbare e mantenere una distanza che permetta la privacy, cosa a cui tengono molto. La stessa cosa vale nelle scuole: la Scuola di Hämeenlinna è circondata da un bosco. Non da qualche albero, proprio da un bosco fitto di betulle. Alunni e alunne possono entrare nel bosco durante le pause, anche i bimbi della scuola dell’infanzia ci camminano insieme ai loro insegnanti, ben coperti da mini tute da sci, guanti e cappelli caldi. Non esiste la “paura che si raffreddino”, né da parte degli insegnanti né ovviamente da parte dei genitori*. Mi ha colpito, dentro e fuori, l'apertura degli spazi. All’interno, non immaginatevi aule enormi o perfette. La disposizione dei banchi variava a seconda dell’aula tematica (spesso a cerchio); c'era sempre un angolo “morbido” (cuscini, sedie comode) per le pause o attività di lettura; una parete intera di cassetti e materiali di facile consumo; un monitor con a fianco una lavagna a pennarelli.

L’esterno è, obiettivamente, tutto quello che desidereremmo ma non ci possiamo permettere in Italia, sia per questioni di spazi che di cultura sportiva: campi da basket, da calcio, una pista da pattinaggio sul ghiaccio, pareti da arrampicata, giochi classici (altalene, scivoli) e, come dicevo prima, il bosco. Il contatto con la natura non è solo importante, è ufficialmente riconosciuto dalle insegnanti come benefico per bambine e bambini, ma, come mi ha fatto giustamente notare la maestra con cui ho parlato, anche per gli adulti. “How can they be focused for four hours straight?”, ha sorriso. Come fanno a stare concentrati per quattro ore di fila? (4, perché hanno come orario 9-14, pausa pranzo inclusa). Bella domanda, ho risposto io. Noi per andare in giardino (nella mia scuola un parco, più che un giardino, su questo siamo fortunate) dobbiamo attraversare la strada. Ci andiamo, bene che vada, per 20 minuti a ricreazione, tempo in cui devono vestirsi, scendere, mangiare. Il tempo per giocare ed esplorare è effettivamente troppo poco. Loro fanno 15 minuti di pausa ogni 45 minuti di lezione. Ragazzi e ragazze si vestono e scendono autonomamente, ci sono insegnanti dotati di gilet fosforescente che sorvegliano l’area (non la propria classe) ed al mio “Ma come fate a controllare tutti?” la gentile maestra mi ha risposto che sono tutti molto autonomi e responsabili. Può capitare che qualcuno si faccia male, ma nella misura in cui un bambino gioca, effettivamente può succedere. Era serenissima (sul concetto di serenità ci torno a breve).

*P.S. mi hanno detto che neonati e neonate vengono lasciati dormire all’aperto con la neve, debitamente bardati, durante il pisolino pomeridiano. Roba da far diventare i capelli bianchi ai genitori italiani di oggi e di ieri!


  1. Le maestre ed i maestri: più sono felici, meglio insegnano

Era visibile. La maestra che mi parlava era rilassata (what?!). Indossava delle crocs fucsia, perché dentro la scuola non si indossano scarpe, ma calzetti o al massimo comode ciabatte. Non vedeva l’ora di parlarmi della loro scuola, dell’organizzazione delle lezioni e del perché di queste scelte. Ha 50 anni, ad un certo punto della sua carriera ha voluto studiare altro, le è stato permesso ed ora insegna anche nella scuola secondaria, senza aver perso il posto nella scuola primaria, anzi arricchendo con le sue nuove competenze. L’aula degli insegnanti sembra un mini-appartamento con frigo, divanetti, cucina e spaziosi tavoli. Nella maggior parte delle nostre scuole primarie le aule insegnanti non esistono nemmeno.

La maestra mi racconta come prima del covid accogliessero insegnanti da tutto il mondo, per spiegare le innovazioni a livello didattico, la ricerca universitaria che si riversa immediatamente nel quotidiano di tutte le scuole. “I dispositivi? Ci stiamo allontanando dall’uso della ‘tecnologia ad ogni costo’. Ma dobbiamo assolutamente cominciare questa sensibilizzazione dai genitori.


  1. Il riconoscimento professionale degli insegnanti

L’ho già scritto in un post precedente: la figura dell’insegnante è paragonabile a quella dei maestri italiani negli anni ‘50. Rispettati, ringraziati, toglievano dalla miseria i figli (maschi, innanzitutto, poi sono arrivate anche le bambine) dei braccianti e dei contadini, davano una nuova prospettiva, l’idea della scalata sociale era ancora reale e indissolubilmente legata all’istruzione. In Finlandia è ancora così. Dalla riforma degli anni ‘70, la scuola ha mantenuto quella credibilità, i suoi insegnanti sono i più formati del mondo (dal punto di vista disciplinare, pedagogico e relazionale), diventare un*insegnante è molto difficile e non basta la fantomatica “passione”, ma uno studio sensato e profondo. Non ultimo, studentesse e studenti delle facoltà di Studi Educativi vengono testati a livello psicologico, poiché lo stress di gestire quasi 30 bambini e bambine è innegabile, anche nelle migliori delle organizzazioni.


  1. Il silenzio: un’arte da imparare

Credo che più che insegnare a bambini e bambine a “stare zitti e buoni”, come direbbero tante troppe insegnanti italiane, bisognerebbe imparare l’arte del “quando”. Studenti e studentesse finlandesi non sono muti, ma capiscono il momento in cui stare in silenzio (non tutti, ma questo è vero ovunque) ed ovviamente nel momento ricreativo sono rumorosi e pure sguaiati! Dare loro modo di “esagerare” nel contesto giusto (un giardino, una palestra, un luogo grande e aperto…) permette anche di capire la differenza con una situazione di maggiore attenzione e concentrazione. Ho già spiegato come le insegnanti siano consapevoli dei benefici della natura, del verde, del bosco sulla regolazione delle emozioni e questo è visibile quando rientrano in classe. Sono entrata in due classi diverse: una, più grande e con i banchi a cerchio, in cui metà classe stava eseguendo dei problemi sulle quattro operazioni; un’altra, con l’altra metà della classe, più piccola e con i banchi disposti a file, che stava svolgendo un esercizio di inglese. Entrambe le classi erano silenziose, bambine e bambini lavoravano in autonomia chiedendo all’insegnante se qualcosa non era chiaro quando era necessario, la maestra non ha avuto alcun problema a fermarsi a fare due chiacchiere con me. Era chiaro il livello di autonomia e responsabilità, tratti che ho riscontrato in generale in giro per la città, nei ristoranti e nei bar, al parco. I piccoli fanno parte della società, non sono “i cittadini del futuro” ma del presente presentissimo e questo



lo praticano in ogni luogo che è proprietà di tutti e di nessuno.


  1. Se una cosa o un luogo può avere due utilizzi, meglio: il potere del duplice intento.

Altro aspetto presente tanto nella scuola quanto nella vita di tutti i giorni: i Finlandesi non sprecano niente. Un modus operandi probabilmente derivato da un luogo per più di metà dell’anno inospitale, freddo e buio, il territorio finlandese ha forgiato questo modo di pensare dei suoi abitanti. Tutto può avere più di un utilizzo, compresi gli spazi scolastici. Non esistono sprechi o aule lasciate inutilizzate. Mi vengono in mente gli splendidi laboratori italiani (obsoleti nel giro di un nanosecondo) che abbiamo costruito negli ultimi anni sotto la spinta obbligata del PNRR. Tecnologie pazzesche utilizzate dal 5% degli insegnanti (il restante 95% o si rifiuta o non ha le competenze per usare il materiale) e pressoché inutili in un curricolo medio di qualsiasi disciplina. In Finlandia non ho visto né visori di realtà virtuale né stampanti 3D all’ultimo grido, ma aule che vengono usate per la mensa ed in alcune ore come “laboratorio d’informatica”, palestre che alla sera vengono usate dai genitori per attività extra, spazi esterni aperti al pubblico (niente recinzioni, ricordate?). Questo ultimo aspetto, va detto, in Italia è una piccola utopia: chi ha talmente fiducia nel senso civico dell’italiano medio per lasciare un luogo aperto a tutte e tutti? Chi non avrebbe timore che il PC venga fregato e l’aula verde calpestata o distrutta da qualche vandalo? Al che, mi viene un'altra domanda: cosa dobbiamo fare per arrivare a questo livello di civiltà?


In sintesi: la scuola finlandese rispecchia quello che è diventata la società finlandese, con i suoi ritmi e la sua cultura, le sue contraddizioni e la sua spinta ad essere sempre migliore. Un forte senso di appartenenza e un senso atavico di sopravvivenza hanno portato i Finlandesi ad utilizzare al massimo tutto quello che hanno a disposizione, per alcuni aspetti tanto di più di ciò che abbiamo in Italia (lo spazio) ma anche tanto di meno (il lascito culturale e storico). Per la propria rinascita, il Paese ha puntato tutto sulla scuola e sulla creazione di una classe di Finlandesi appagata e stabile. La Finlandia è per il settimo anno di fila il Paese più felice al mondo e da decenni con il sistema scolastico più funzionante. Non credo sia un caso.


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